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âWELFARE, NUOVE SFIDE E PRIORITÃâ: LE PROPOSTE DEL FORUM TERZO SETTORE ⦠E LA PROTESTA
In ideale collegamento con lâincontro del 3 febbraio â in cui erano stati messi sul tavolo i presupposti per una elaborazione veramente partecipata del nuovo Piano Sociale e Sanitario â il 21 giugno, a Bologna, il Forum Terzo Settore Emilia-Romagna ha chiamato nuovamente a raccolta lâassociazionismo, la cooperazione sociale, il volontariato (cioè le tre âanimeâ del terzo settore), e gli amministratori regionali e locali per proseguire nel cammino iniziato, presentando alcune riflessioni e proposte con lâintento di portare dei contributi concreti alla prossima programmazione sociale e sanitaria, prima che questa avvenga.
Di grandissimo spessore la relazione di apertura âPresente e futuro del servizio sanitario nazionale: come resistere alla crisiâ (integralmente disponibile in allegato) presentata da Fosco FOGLIETTA, docente Università di Bologna e di Ferrara, nonché neo-presidente di CUP 2000.
Il tema centrale del convegno, âLe proposte del Forum per il nuovo Piano Sociale e Sanitario regionaleâ, è stato sviluppato nella successiva esposizione di Giovanni MELLI, portavoce Forum Terzo Settore E.R., riferita al documento elaborato a seguito del confronto tra le organizzazioni regionali aderenti.
Lâesperienza del precedente Piano è imprescindibile, con i due punti cardine che però non sono ancora realizzati:
A) la centralità della persona, da salvaguardare con lâintegrazione fra i settori sociale e sanitario anche riguardo ai finanziamenti: poiché la salute non è semplicemente lâassenza di malattia bensì âuno stato di completo benessere fisico, psichico e socialeâ (OMS), tutti gli aspetti della vita dellâindividuo e della comunità hanno a che fare con la promozione del bene-essere e lâaccompagnamento al superamento del male-essere, e quindi sono interessate non solo le politiche sociali e sanitarie, ma anche quelle culturali, formative, lavorative, abitative, ambientali;
B) la partecipazione alla programmazione delle comunità e delle organizzazioni della società civile, soprattutto a livello provinciale e distrettuale, e non solo in modo formale o dimostrativo: occorre ripensare gli strumenti esistenti in unâottica di vera sussidiarietà orizzontale, che non vuol dire demandare al terzo settore, e al volontariato in particolare, i compiti delle istituzioni pubbliche, bensì valorizzare le potenzialità progettuali della comunità civile.
Alla luce di ciò, è possibile individuare e definire alcuni temi operativi strategici e prioritari per la nuova programmazione.
1) Presa in carico e âSportello socialeâ â La presa in carico è un passaggio particolarmente delicato; per questo è fondamentale che si realizzi sin da qui una reale integrazione tra servizi, che passa anche attraverso una specifica formazione degli operatori. Pertanto lo âSportello socialeâ è un servizio fondamentale in quanto rappresenta in molti casi il primo vero impatto tra le famiglie e i servizi, e quindi dovrebbe costituire innanzitutto uno âSportello della saluteâ (secondo la definizione OMS) a cui qualsiasi persona si possa rivolgere.
2) Prevenzione e promozione dellâagio â Fino ad ora nella programmazione locale si è privilegiata unâottica âriparativaâ, cioè la riduzione del danno, lâintervento di emergenza, la cura, piuttosto che la prevenzione attraverso la promozione dellâagio, del protagonismo giovanile e della cittadinanza attiva. Sono fondamentali quindi un sistema di comunicazione capillare, e la progettazione di programmi locali di prevenzione che coinvolgano le comunità nellâaccezione più ampia del termine.
3) Accreditamento socio-sanitario â Il processo di accreditamento è imprescindibile, ma va adeguatamente valutato e, se necessario, rivisto e ripensato per dare risposta ai bisogni che cambiano, anche con soluzioni innovative; altrimenti si rischia di impiantare servizi ottimizzati a tavolino, che valorizzano le nuove professionalità lasciando però in piedi modalità operative superate.
4) Lavoro e âcategorie svantaggiateâ â Lâattuale situazione di crisi impone una riflessione sullâimportante tema dellâinserimento lavorativo dei soggetti più deboli. In questo senso sarebbe necessario promuovere una maggiore integrazione tra politiche sociali e politiche del lavoro, e avviare un confronto volto a valorizzare il ruolo e la funzione della cooperazione sociale, anche prevedendo nei bandi pubblici una quota di commesse a favore delle cooperative sociali di tipo B.
5) Flessibilità â I mutamenti sociali e la diminuzione delle risorse impongono anche una riflessione sul tema della flessibilità : il rischio è che lâautorganizzazione di cittadini e famiglie vada a avanti da sé e senza alcuna regola (emblematico in questo senso è il fenomeno del âbadantatoâ). à quindi necessario che la Pubblica Amministrazione avvii, in unâottica di programmazione condivisa, un percorso per porre nuove regole, e che lâassociazionismo di promozione sociale venga riconosciuto fra le forme di autorganizzazione.
6) Semplificazione dei processi partecipativi e partecipazione qualificata â à fondamentale avviare un processo di semplificazione dei molti organismi/meccanismi di partecipazione, anche accorpando quelli con finalità e compiti comuni, e nello stesso tempo azioni informative sui loro ruoli e funzioni, nonché percorsi di formazione dei soggetti coinvolti, perché possano parteciparvi in modo competente e qualificato.
7) Programmazione provinciale/CTSS â La Conferenza Territoriale Sociale e Sanitaria deve vedere la partecipazione dei Forum Provinciali, sia nella fasi di realizzazione e valutazione dei risultati, che in quella di programmazione e individuazione di obiettivi e priorità ; un utile strumento, già sperimentato a Bologna con ottimi risultati, è lâadozione di âtavoliâ tematici su ambiti trasversali aperti a tutte le organizzazioni del territorio.
8) Piani di Zona per la Salute e per il Benessere â La partecipazione delle organizzazioni della società civile ai precedenti Piani di zona non è stata priva di difficoltà e criticità ; per questo è necessario introdurre strumenti di valutazione, verifica e controllo condivisi, e avviare un percorso per individuare le azioni che si potrebbero mettere in campo per favorire il funzionamento dei Piani di zona e la partecipazione del terzo settore.
Anche negli interventi che sono seguiti, relativi a âIl punto di vista del terzo settoreâ, è stato ribadito come portante lâobiettivo dellâintegrazione fra i servizi, con esempi che testimoniano quanto sia ancora lontano dallâessere conseguito. Non è meno necessaria la âmessa in reteâ delle risorse umane, che le valorizzi al massimo coinvolgendo pubblico e privato nella vera sussidiarietà ; ma anche la valutazione severa dellâesistente, e lo sforzo di previsione dellâevoluzione dei bisogni nei prossimi anni â è stato detto â rappresentano strumenti imprescindibili per affrontare la sfida che abbiamo davanti.
Successivamente, sul tasto dellâintegrazione fra le politiche sociali e sanitarie ha battuto anche Teresa MARZOCCHI â assessore regionale Promozione Politiche sociali e di Integrazione per lâImmigrazione, Volontariato, Associazionismo e Terzo Settore â intervenuta per âIl punto di vista delle istituzioniâ: il welfare deve sempre più essere di comunità , coinvolgendo tutte le componenti (sociale, sanitaria, assistenziale, educativa, formativa), ed il medico di base deve sempre più essere lo âsportelloâ di accesso al sistema dei servizi; anche lâintegrazione dei fondi è già una buona realtà nella nostra regione, da consolidare e rafforzare. à comunque una strada obbligata negli attuali tempi di crisi e precarietà , poiché non vogliamo abbassare la qualità dei servizi offerti.
Dal concetto stesso di âwelfareâ è partito Carlo LUSENTI â assessore regionale Politiche per la Salute â sottolineando che nella nostra regione esso differisce sostanzialmente da quello che, a livello nazionale, vede prevalere lâottica di assistenza emergenziale, residuale e caritatevole; anche gli atti formali ci differenziano, poiché soltanto nella nostra regione invece di due Piani distinti ve nâè uno solo, sociale E sanitario. Insomma, dobbiamo essere consapevoli che lâEmilia-Romagna va e continuerà ad andare controcorrente, dal momento che noi vediamo il welfare come organizzazione dei servizi basata su unâidea di uguaglianza; e dobbiamo quindi condividere lâulteriore consapevolezza che, benché il mondo sia cambiato, non tutto per noi è da cambiare, perché i presupposti di fondo â cioè lâimpianto culturale e valoriale â sono da salvaguardare.
Due giorni dopo, il 23 giugno, è stata la volta della protesta, espressa dai rappresentanti del Forum regionale del Terzo Settore e dalle Associazioni del cartello "I diritti alzano la voce" â promotori della manifestazione nazionale contro i tagli del Governo al welfare, svoltasi a Roma ed in altre città d'Italia â con una manifestazione a Bologna davanti alla sede della Regione. I numeri sono drammatici e purtroppo incontrovertibili: dal 2008 al 2011 i fondi nazionali per le politiche sociali sono passati da oltre 2,5 miliardi a soli 538 milioni di euro, con una diminuzione dellâ80%; oltre alla drastica riduzione dei trasferimenti statali, sono stati completamente azzerati il Piano straordinario dei servizi socio-educativi, il Fondo nazionale per la non autosufficienza, cui la Regione Emilia-Romagna ha scelto di sopperire ancora nel 2011 con proprie risorse, e il Fondo per le politiche della famiglia.
Molto chiara la posizione dellâassessore MARZOCCHI nellâincontrare i manifestanti: âOggi siamo qui tutti uniti â Regione, Enti locali, Associazioni â per protestare contro tagli che ormai sono diventati insostenibili; a Bologna, così come a Roma, vogliamo dire al Governo che non è possibile continuare in questo modo: è una questione di civiltà â. âLa Regione aderisce a questa mobilitazione: la manovra dello scorso anno, la manovra attuale, che si annuncia anchâessa pesantissima, la crisi economica stanno mettendo fortemente a rischio nel nostro Paese la sopravvivenza stessa del sistema di welfare. Questa Regione non permetterà che vengano azzerati servizi essenziali per i cittadiniâ.